Mercato
immobiliare,
dinamica dei
prezzi e
indebitamento
delle
famiglie
Dal Rapporto
di
Previsione
dell'Associazione
Prometeia
(dicembre
2005)
Molteplici
sono le
ragioni che
spiegano
l’attenzione
che negli
anni più
recenti gli
economisti e
gli
operatori
hanno
rivolto
all’evoluzione
del mercato
immobiliare.
In primo
luogo è
ampiamente
riconosciuto
il
contributo
positivo che
il settore
immobiliare
ha offerto
al ciclo
economico,
sostenendo
la domanda
di
investimenti
nella fase
recessiva
seguita alla
crisi dei
mercati
finanziari
di inizio
decennio. In
molti paesi
la fase di
crescita del
ciclo
immobiliare
si è
sovrapposta
al ciclo
sfavorevole
dei mercati
azionari e
finanziari,
evitando le
ricadute
negative in
termini di
ricchezza e
di reddito
che
originano
dalla
riduzione
del valore
delle
attività
finanziarie.
Sul versante
finanziario
lo sviluppo
del settore
immobiliare
si è
caratterizzato
per una
notevole
accelerazione
dei
finanziamenti
rivolti sia
agli
acquirenti,
sia agli
operatori
che
intervengono
dal lato
della
costruzione
e
ristrutturazione
di immobili
e dei
servizi di
intermediazione
immobiliare.
Per il
settore
finanziario,
e in
particolare
per le
banche, la
crescita
degli
aggregati
creditizi ha
consentito
di
stabilizzare
i margini
dell’intermediazione
finanziaria
anche in
presenza di
una
crescente
pressione
concorrenziale
sui prezzi.
Al tempo
stesso il
settore
immobiliare
è diventato
per gli
intermediari
finanziari
fonte di
nuove aree
di affari;
ne sono un
esempio le
cartolarizzazioni
dei mutui
ipotecari o
e lo
sviluppo dei
fondi
immobiliari.
L’importanza
assunta dal
ciclo
immobiliare
nel sostegno
dell’attività
economica e
delle banche
si
accompagna
ad una
crescente
preoccupazione
per le
possibili
ricadute
negative che
l’attuale
fase
restrittiva
della
politica
monetaria
statunitense,
e più di
recente di
quella
europea,
possono
avere sulla
stabilità
del sistema
finanziario.
Considerata
la rilevanza
assunta dal
costo dei
finanziamenti
nel
determinare
la sequenza
che dalla
maggiore
domanda di
credito
porta
all’investimento
in immobili
e al
sensibile
aumento dei
loro prezzi,
sono
evidenti i
pericoli che
al circuito
virtuoso
faccia
seguito un
forte
ridimensionamento
della
domanda e
delle
quotazioni
degli
immobili. La
caduta dei
prezzi e il
rialzo del
costo del
denaro
potrebbero
generare
situazioni
di fragilità
dei bilanci
delle
famiglie e
degli
intermediari
che ne hanno
sostenuto la
domanda di
credito.
L’obiettivo
dell’approfondimento
è quello di
precisare,
attraverso
alcuni
indicatori
descrittivi,
il ruolo
svolto dal
settore
immobiliare
nel più
recente
ciclo
economico e
finanziario
e di
disegnare il
possibile
scenario
associato
alla fase di
maggiore
restrizione
monetaria.
Il confronto
tra la
situazione
italiana e
quella di
altri
sistemi
europei e
degli Stati
Uniti offre
l’opportunità
di valutare
in che
misura il
minore
livello di
indebitamento
delle
famiglie
italiane
rende meno
preoccupante
la
prospettiva
di un
graduale
innalzamento
del costo
dei
finanziamenti
e di una
flessione
del mercato
immobiliare.
Investimenti
e
finanziamenti
nel settore
immobiliare
Nel
confronto
tra i
principali
paesi
industrializzati,
il volume
degli
investimenti
nel settore
immobiliare
si
caratterizza
per un
diverso
contributo
alla
crescita
economica.
Dalla
Fig. 9.1,
dove viene
rappresentato
l’indice
degli
investimenti
in
costruzioni
a prezzi
1995, appare
evidente
come la
maggiore
accumulazione
nel settore
abbia
riguardato i
paesi che
denotano
anche la
maggiore
crescita
economica:
nell’ordine,
Stati Uniti,
Spagna e
Regno Unito.
Inoltre, il
confronto
segnala
anche come
le
difficoltà
del settore
contribuiscano
a spiegare
la fase
recessiva
che ha
caratterizzato
negli ultimi
anni
l’economia
tedesca.
Per Italia,
Spagna e
Regno Unito
la maggiore
dinamica
degli
investimenti
si registra
nei primi
anni del
decennio in
corrispondenza
della caduta
dei mercati
azionari, a
conferma del
ruolo
sostitutivo
svolto dal
mercato
immobiliare
nelle fasi
di riduzione
della
ricchezza
finanziaria.
Un
secondo
elemento di
rilievo che
contraddistingue
il ciclo
finanziario
più recente
è
rappresentato
dal notevole
sviluppo dei
finanziamenti
concessi al
settore
immobiliare.
Nella Fig.
9.2 sono
riportati i
tassi di
crescita
nominali
annui dei
prestiti
concessi
alle
famiglie per
l’acquisto
di
abitazioni.
Per tutti i
paesi
analizzati,
con l’unica
eccezione
della
Germania, si
registra
un’accelerazione
della
domanda di
finanziamenti
finalizzata
all’acquisto
di
abitazioni,
con tassi di
variazione a
due cifre.
Nel
confronto
internazionale
l’Italia si
distingue
per la
maggiore
dinamica dei
finanziamenti
a conferma
dell’idea
che sia in
atto da
alcuni anni
un
cambiamento
strutturale
nei
comportamenti
finanziari
delle
famiglie: si
afferma cioè
la tendenza
ad aumentare
il livello
di
indebitamento,
avvicinando
la struttura
di bilancio
delle
famiglie
italiane a
quella dei
principali
paesi
europei,
segnatamente
Germania e
Francia. Il
rapporto tra
passività
finanziarie
delle
famiglie
italiane e
reddito
disponibile
passa dal
31.1 per
cento del
1995 al 52.2
per cento
del 2004;
mentre per
Francia e
Germania il
rapporto
passa
rispettivamente
da 64.7 per
cento a 75.3
per cento e
da 99.7 per
cento a
109.9 per
cento. Ben
più
rilevante
appare lo
spostamento
registrato
nel rapporto
di
indebitamento
delle
famiglie
inglesi con
un
incremento
dal 106.6
per cento
del 1995 al
155.5 per
cento del
2004, in
gran parte
realizzato
nell’ultimo
triennio.
Per l’Italia
il forte
impulso dato
dai
finanziamenti
al settore
immobiliare
è ancor più
evidente se
si
considerano,
oltre al
credito
concesso al
settore
famiglie,
anche i
prestiti che
negli anni
recenti si
sono
indirizzati
al settore
delle
costruzioni
e dei
servizi di
intermediazione.
Nel periodo
2000-2004
più del 54
per cento
della
variazione
dei
finanziamenti
per cassa
concessi
dalle banche
alla
clientela
classificata
per branche
di attività
economica
era
riconducibile
agli “altri
servizi
destinabili
alla
vendita”, al
cui interno
una
particolare
rilevanza
assume il
settore dei
servizi
collegati
all’immobiliare.
A questo
dato si
aggiungono i
prestiti
concessi al
settore
edilizio che
costituiscono
oltre l’8
per cento
dei nuovi
flussi
finanziari.
Ulteriori
spazi
all’aumento
dell’indebitamento
delle
famiglie si
aprono
grazie ad un
recente
emendamento
della legge
finanziaria.
La norma ha
fatto
definitivamente
venir meno i
dubbi che le
banche
avevano a
concedere in
via
ordinaria
finanziamenti
garantiti
dall’abitazione,
anche se non
legati
all’acquisto
o alla
ristrutturazione.
In
particolare,
è stato
istituito il
cosiddetto
“prestito
vitalizio
ipotecario”,
una forma di
finanziamento
destinata
agli
ultra-65enni
con una casa
di
proprietà.
Il
finanziamento,
pari
all’incirca
al 50 per
cento del
valore
dell’immobile,
è garantito
da
un’ipoteca
sulla casa e
la
restituzione
del
prestito,
sia per
quanto
riguarda il
capitale che
gli
interessi, è
a cura degli
eredi dopo
la morte del
richiedente.
Le indagini
teoriche ed
empiriche
hanno
infatti
messo in
evidenza che
una quota
elevata di
ricchezza
delle
persone
anziane è
concentrata
in immobili
(fino al 40
per cento
della
ricchezza
totale) e
che il
portafoglio
complessivo
non risulta
efficiente e
addirittura
rischia di
non produrre
un reddito
sufficiente
nell’età
della
pensione. In
particolare,
esiste una
quota
significativa
di anziani
che hanno
una
ricchezza
immobiliare
consistente,
ma non una
ricchezza
finanziaria
sufficiente
a soddisfare
le esigenze
di carattere
previdenziale,
sanitario e
di
assistenza
che si
accompagnano
alla
maggiore
longevità.
Con la nuova
disposizione,
la ricchezza
totale può
essere resa
più liquida
e più
efficiente.
Costo dei
finanziamenti
e prezzi
degli
immobili
L’accelerazione
registrata
dai
finanziamenti
al settore
immobiliare
trova una
spiegazione
dal lato del
costo dei
finanziamenti,
così come da
quello delle
quotazioni
degli
immobili.
Anche negli
studi più
recenti
sulle
determinanti
della
domanda di
credito per
acquisto di
abitazioni il
costo
effettivo
del
capitale, al
netto dei
vantaggi
fiscali, e
il prezzo
delle case
figurano
come
variabili
che, con
segno
differente
(negativo
per il costo
e positivo
per le
quotazioni
immobiliari),
contribuiscono
in modo
significativo
a
determinare
l’evoluzione
dei
finanziamenti
al settore.
Con
riferimento
all’area
euro rileva
in
particolare
la riduzione
dei tassi
bancari sui
mutui
ipotecari
quale
risultato
della
convergenza
dei tassi di
inflazione e
dei tassi
nominali
verso
livelli che
si collocano
su valori
storicamente
minimi. A
ciò si
aggiunge la
considerazione
degli
effetti
della
maggiore
concorrenza
nei sistemi
bancari
europei che
si è
espressa in
modo più
evidente e
significativo
nei mercati
dei prodotti
suscettibili
di maggiore
standardizzazione
quali i
mutui sulle
abitazioni.
La
concorrenza
tra
intermediari
si è
manifestata
non solo in
termini di
tassi di
interesse ma
anche in una
maggiore
flessibilità
delle forme
di
finanziamento
con riguardo
alle
scadenze, al
grado di
copertura
del valore
dell’immobile
assicurato
dal
finanziamento
e a una
maggiore
rispondenza
dei piani di
ammortamento
ai profili
di reddito
dei
mutuatari.
I prezzi
degli
immobili
sono
collegati
alla domanda
di credito
attraverso
una duplice
relazione
causale, che
può
alimentare
situazioni
di
prolungata
crescita
delle
quotazioni e
degli
aggregati
creditizi,
dando
origine a
fenomeni
speculativi
in grado di
compromettere
la stabilità
finanziaria
degli
operatori La
domanda di
finanziamenti
è sostenuta
dal prezzo
degli
immobili per
effetto del
maggiore
valore
richiesto
per
l’investimento
che a sua
volta si
traduce in
una
rivalutazione
della
garanzia
reale
richiesta
dall’intermediario
per la
concessione
del
finanziamento.
A ciò si
aggiunge il
fattore di
rigidità
nell’aggiustamento
dello stock
abitativo e
non
residenziale
che limita
la
possibilità
di
soddisfare
nel breve
termine la
maggiore
domanda di
immobili. Si
creano così
le
condizioni
per
consolidare
aspettative
di rialzi
delle
quotazioni
che portano
a deviazioni
anche
significative
dai valori
fondamentali
degli
immobili.
Nella
Fig. 9.3
sono
rappresentate
le
variazioni
dei prezzi
degli
immobili
residenziali,
per il
periodo
1996-2004,
per i
principali
paesi
analizzati.
I dati
stimati
dalla Banca
dei
regolamenti
internazionali
segnalano il
fenomeno di
sensibile
apprezzamento
del valore
degli
immobili
che, per la
gran parte
dei paesi
considerati,
raggiunge a
fine periodo
il livello
storicamente
più elevato.
Per Spagna,
Regno Unito
e Francia
l’aumento
dei prezzi
appare in
linea con
l’accelerazione
registrata
dai
finanziamenti
per le
abitazioni,
dando così
supporto
all’idea che
esista un
legame
diretto tra
valore degli
immobili e
volume degli
aggregati
creditizi .
La stessa
relazione,
in negativo,
caratterizza
la
situazione
tedesca. In
questo paese
la crisi del
settore
immobiliare
si è
associata ad
una
contrazione,
in termini
reali, dei
finanziamenti,
quale
risultato
sia di una
minore
domanda ma
anche di un
aggiustamento
delle
politiche di
offerta
delle
banche.
Per l’Italia
la
variazione
dei prezzi
degli
immobili
appare,
nella media
del periodo,
relativamente
contenuta,
anche se,
dopo la fase
di stabilità
dei prezzi
che ha
caratterizzato
la seconda
metà degli
anni
novanta,
negli anni
più recenti
si registra
un’accelerazione
delle
quotazioni.
I
timori di
una bolla
speculativa
Sono in
molti a
ritenere che
l’incremento
dei prezzi
immobiliari
verificatosi
in tutti i
paesi
sviluppati
(con
l’eccezione
di Germania
e Giappone)
abbia
superato
ogni limite
sostenibile.
Per l’Economist
si tratta
della più
grande e
diffusa
bolla
speculativa
che i paesi
sviluppati
abbiano mai
attraversato.
Non era mai
successo che
i prezzi
degli
immobili
aumentassero
così
velocemente,
per così
lungo tempo
e in un
numero così
ampio di
paesi. In
tutto il
mondo il
mercato
immobiliare
sembra aver
raccolto
l’eredità
della bolla
azionaria
scoppiata
nel marzo
2000 e aver
superato in
intensità
l’ascesa dei
prezzi delle
azioni.
Nella
seconda metà
degli anni
novanta il
mercato
azionario
americano
era
aumentato in
misura pari
all’80 per
cento del
reddito del
periodo,
mentre ora
l’aumento
dei prezzi
immobiliari
dei paesi
sviluppati
equivale al
100 per
cento del
reddito,
sempre
secondo le
stime del
settimanale
inglese.
Il problema
è serio
perché, come
aveva già
notato il
Fondo
Monetario
Internazionale
nel World
Economic
Outlook del
2003, gli
effetti
depressivi
dello
sgonfiamento
di una bolla
immobiliare
sono più
gravi di
quelli
generati dal
mercato
azionario.
Il motivo è
fondamentalmente
da
ricollegare
ad un
maggior
effetto-ricchezza,
a sua volta
spiegato dal
fatto che la
proprietà
immobiliare
è molto più
diffusa di
quella
azionaria.
Inoltre, è
generalizzato
il ricorso
all’indebitamento
e quindi più
alta la
probabilità
che un ampio
numero di
famiglie
debba
ridurre il
livello di
consumo.
La caduta
dei prezzi
registrata
dopo
precedenti
fasi di
intensi
aumenti del
valore degli
immobili è
avvenuta
molto
lentamente,
in quanto i
valori
nominali
sono rimasti
fermi,
mentre
l’inflazione
ha
gradualmente
ridotto il
valore
reale. Oggi
invece vi è
il concreto
pericolo che
l’aggiustamento
sia
immediato e
riguardi il
livello
nominale dei
prezzi (come
è già
avvenuto in
Giappone e
Germania)
per almeno
tre motivi:
i prezzi
sono
aumentati
molto di
più;
l’inflazione
è inferiore
e dunque
agisce più
lentamente;
molti
immobili
sono stati
acquistati
per puro
investimento
speculativo
(spesso a
debito) e
non per le
esigenze
abitative
della
famiglia.
Sempre
secondo l’Economist,
un altro
sintomo
preoccupante
del livello
eccessivo
dei prezzi è
dato dal
crescente
disallineamento
del rapporto
fra prezzi
delle case e
livello
degli
affitti, che
costituisce
l’equivalente
immobiliare
del rapporto
prezzo-utili
e dunque
segnala
elementi di
anomalia
ogni volta
che risulta
eccessivo
rispetto al
livello
corrente dei
tassi e alla
media di
lungo
periodo. Il
settimanale
ha calcolato
che negli
Stati Uniti,
Regno Unito,
Irlanda,
Australia,
Francia,
Spagna e
Benelux il
rapporto è
ormai
ampiamente
fuori linea.
Negli Stati
Uniti, il
rapporto è
del 35 per
cento
superiore
alla media
storica
degli anni
1975-2000;
in vari
paesi
europei lo
scarto
sarebbe
ancora più
marcato.
Va detto
peraltro che
le autorità
monetarie e
gli
organismi
internazionali
(da ultimo
l’Ocse)
sembrano
assai meno
pessimisti.
In
particolare,
quest’ultima
istituzione,
proprio
sulla base
del rapporto
fra prezzi e
affitti (e
del
confronto
con un
valore d’uso
dell’immobile,
in qualche
modo
considerato
come
espressione
del valore
fondamentale)
afferma che
eccessi di
prezzi si
possono
rilevare
solo nel
Regno Unito
e in
Irlanda,
cioè in
paesi in cui
da almeno un
anno è in
atto una sia
pur modesta
correzione
al ribasso.
Il problema
non deve
comunque
essere
sottovalutato.
Uno
sgonfiamento
della bolla
immobiliare
potrebbe
avere
effetti
negativi
anche sul
sistema
creditizio,
in quanto
potrebbe
rendere più
probabili
fenomeni di
inadempienza
e di
insolvenza,
con tutte le
conseguenze
economiche e
patrimoniali
che si
possono
immaginare.
La
contrazione
dell’attività
ipotecaria
per effetto
della caduta
delle
quotazioni
immobiliari
si
tradurrebbe
in minori
volumi di
attività e
di ricavi
finanziari,
a fronte di
una
crescente
contabilizzazione
delle
perdite su
crediti. In
un recente
studio, Zhu
valuta la
performance
delle banche
dei
principali
sistemi
finanziari
in relazione
alle diverse
fasi del
ciclo
immobiliare
che hanno
riguardato
il periodo
1979-01.
Nella media
dei paesi
analizzati i
profitti
delle banche
si dimezzano
e gli
accantonamenti
ai fondi
rischi
raddoppiano
nel
passaggio da
una fase di
prezzi
crescenti ad
una di
correzione
verso il
basso delle
quotazioni
degli
immobili.
L’evidenza
riflette
soprattutto
gli episodi
di crisi del
mercato
immobiliare
e
finanziario
che hanno
riguardato
la Spagna
alla fine
degli anni
settanta, i
paesi
nordici
nella
seconda
parte degli
anni ottanta
e il
Giappone per
tutti gli
anni
novanta.
Correzioni
significative
si sono
anche
verificate
nella
profittabilità
e nei
livelli di
rischio
delle banche
francesi nei
primi anni
novanta.
Anche se la
situazione
patrimoniale
e la
capacità
delle banche
dei
principali
sistemi
finanziari
di gestire i
rischi
finanziari
appare più
rassicurante
rispetto al
passato, non
vanno
tuttavia
trascurate
le
specificità
del mercato
immobiliare
e le
implicazioni
di risk
management
per le
banche. Il
mercato
immobiliare
presenta
caratteristiche
di
segmentazione
territoriale,
di
differenziazione
nella
destinazione
degli
immobili e
di varietà
della
clientela,
tali da
richiedere
una
comprensione
analitica
dei livelli
di rischio e
di
assorbimento
di capitale
che va oltre
gli schemi
previsti da
Basilea 2.
Allo stesso
modo
l’elevato
livello di
correlazione
degli eventi
di
insolvenza,
così come il
più stretto
legame tra
probabilità
di default e
di perdite a
fronte di
insolvenza
nelle fasi
di crisi del
mercato
immobiliare,
richiedono
una
valutazione
più attenta
della
componente
sistematica
di rischio
creditizio
del settore
immobiliare.
Analogamente
alla caduta
dei prezzi
degli
immobili,
condizioni
più
restrittive
di politica
monetaria
potrebbero
innescare
una
situazione
di
difficoltà
finanziaria
delle
famiglie a
sostenere
l’onere del
debito con
ricadute
negative in
termini di
attività
economica e
di rischi
per le
banche. È
questo un
pericolo più
concreto nel
sistema
statunitense
dove
l’irrigidimento
della
politica
monetaria si
confronta
con un
elevato
livello di
indebitamento
delle
famiglie.
Nell’area
euro la
gradualità
con cui è
impostata la
manovra
restrittiva
della Banca
centrale
europea non
sembra in
grado di
produrre
effetti
significativi
sul reddito
disponibile
delle
famiglie.
Ciò è
particolarmente
vero per
sistemi
quale quello
italiano in
cui l’onere
del debito
assorbe una
quota
contenuta
del reddito
disponibile
delle
famiglie.
Il recente
aumento del
tasso di
riferimento
della Bce
comporta
trascurabili
effetti
macroeconomici
sul bilanci
delle
famiglie
italiane.
Dato un
debito
bancario
delle
famiglie a
metà 2005
pari a 407
miliardi di
euro e
ipotizzando
un
trasferimento
sul costo
del debito
dell’85 per
cento
dell’aumento
dei tassi di
mercato
(percentuale
che tiene
conto della
quota di
debito a
medio-lungo
termine
indicizzata),
il maggiore
onere da
interessi è
stimato in
865 milioni
di euro,
pari allo
0.09 per
cento del
reddito
disponibile
delle
famiglie
italiane.
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